sabato 16 febbraio 2013

Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega:


V - come Vampiro


Con il termine "vampiro" si identifica lo spirito di una persona defunta o del suo cadavere, una creatura-simbolo delle forze del male che si agitano in una specie di vita quando "la luce del Sole é morta".
L'origine del Vampiro é antichissima e con diverse varianti, si perde nella notte dei tempi ed ha un notevole ruolo nella cultura di quasi ogni popolo.
L'origine del Vampiro si perde nella notte dei tempi, certi metodi osservati nelle necropoli preistoriche in cui grosse pietre sono piantate sul corpo dei morti per impedirgli di tornare dall'aldilà fa presupporre la credenza nel Vampiro.
Il più antico testo si legge in una tavoletta babilonese conservata al British Museum: una formula magica che serve a proteggere dai Demoni Notturni succhiatori di sangue,che erano gli Etimmé.
Gli antichi ebrei temevano l'Aluka (letteralmente "succhiatore di sangue"), un essere che assaliva i viandanti nel deserto.
La stessa Lilith, demone assiro diventato nella tradizione ebrea la prima e malvagia moglie di Adamo che era un demone del genere "Succubus", la variante femminile del genere "Incubus": golosa del seme umano entra di notte letto degli uomini e li prosciuga di ogni forza.
Da Lilith, le Lilin: queste succhiano il sangue dei bambini e se un bambino ride durante il sonno vuol dire che sta giocando con Lilith, per salvarlo occorre dire (possibilmente in ebraico) "Adamo, Eva, fuori Lilith!".

Secondo la versione più accreditata il termine Vampiro deriva da un manoscritto russo del 1047 circa in cui compariva la parola Upir.
Per l'esattezza il termine usato da un principe di Novgorodian era "Upir Lichyj" che è stato tradotto in: vampiro malvagio.
Da qui è stato coniato il termine Vampiro, che identificava uan creatura spietata che si nutriva a danno di: sangue o anima o carne, delle sue vittime.
Ancora oggi i termini con i quali sono indicati i vari tipi di vampiri in quelle zone sono assai affini fra loro ed alla parola d'origine Upir (anche se le caratteristiche vampiriche sono differenti, alcune bizzarre)

Vampirismo tra antiche credenze e folclore popolare

Oggi si sente parlare spesso di vampiri, la fiction, la letteratura, gli stessi media ci bombardano con storie di “revenants” più o meno attuali che affondano le loro radici in antiche paure dell’uomo, remoti tabù che ancora oggi ritroviamo nel folklore popolare.
Prima di definire i “vampiri” dobbiamo soffermarci su quell’antico retaggio culturale che ancora fa capolino tra le nostre vite la Necrofobia (da necros morte e phovos paura).
Da sempre l’uomo ha avuto timore dei propri trapassati, come testimoniano antichi detti popolari come il famoso “i morti portano morte”, nascono così tutta una serie di rituali, da cui poi trae origine quello funebre, che aveva proprio lo scopo di relegare i morti nell’aldilà e di ucciderli una seconda volta. La necrofobia non è del tutto inspiegabile, nel passato infatti molti erano i casi di morti “misteriose” legate a qualche malattia non ancora conosciuta che poi, dopo la prima vittima si diffondeva tra i vivi e così il collegamento al morto come “revenant”, l’untore, non era del tutto ingiustificato.
In realtà dovremmo distinguere la necrofobia rituale, cioè legata proprio a credenze sull’aldilà e sul defunto da una necrofobia successiva diciamo altomedioevale, che, comunque appoggiandosi ad antiche credenze era legata a malattie o epidemie che poi hanno fatto nascere il mito del vampiro o Nosferatu , il “non morto” come oggi lo conosciamo.
La stessa possibilità del vampiro di trasformarsi in animali quali topi o pipistrelli è successiva, mai ipotizzata dal razionale uomo primitivo, e proprio legata al fatto che questi animali avevano la caratteristica di diffondere le epidemie e così il morso di un topo portava al contagio e alla sua associazione con la creatura misteriosa. Le malattie infettive e le strane morti diventano così attributi del nuovo “vampiro” , tubercolosi con perdite di sangue dalla bocca, rabbia, fotofobia, morti apparenti, disturbi mentali, bronchiti e polmoniti diventano le nuove caratteristiche dei non morti, creando un netto distacco con le tradizioni antiche.
Un esempio è la protoporphyria crythropoietica, malattia che colpisce i globuli rossi rendendo i soggetti affetti impossibilitati ad esposizioni solari, e non del tutto rara durante il medioevo soprattutto in area slava a causa di dai matrimoni consanguinei tra i nobili locali e forse per questo motivo, proprio perchè fortemente “colpiti” da questi strani eventi, questi paesi han conservato una memoria vampiresca più sviluppata che in altri luoghi. Lo stesso termine “vampiro” è relativamente recente e di origine slava, legato alla radice “pi” cioè stregone e al verbo “wempti” che significa bere.
La paura della luce diventerà caratteristica predominante del “vampiro letterario” chiamato poi Dracula (da Dracul e cioè stregone in Rumeno) personaggio ispirato allo storico Vlad Tapes, principe della Valacchia forse associato al “revenant” a causa dei suoi severissimi metodi di governo. In realtà Vlad fu un grande paladino della Cristianità contro l’incombente pericolo turco che riuscì a sconfiggere anche disponendo di un esercito notevolmente inferiore, utilizzando una vera e propria arma psicologica. La storia narra che quando i turchi arrivarono alla capitale del regno, Targoviste, trovarono circa 8.000 pali ove erano stati infissi altrettanti prigionieri. L’impatto fu così inaspettato e tremendo che decisero subito di ritirarsi.
Lasciando alle spalle il Medioevo e tornando molto indietro nel tempo uno dei motivi per i quali si diventava vampiri era la violazione di un tabù, infatti violando alcuni precetti della religione locale il credente entra in una vorticosa spirale di causa-effetto che per lui diventa dannosa se non addirittura mortale.
J.Frazer, nel suo famosissimo libro, “il Ramo D’oro”, descrive una serie infinità di tabù, ad esempio tra le tribù africane si crede che se durante la caccia una moglie sia infedele il marito verrà morso da un serpente e morirà, nasce così l’idea del “non morto”, l’uomo che torna dopo la morte per vendicare il tabù violato. Seguendo la stessa idea le donne morte durante il parto, i bambini defunti ancora in fasce essendo stati strappati con forza alla vita vogliono portare i loro parenti con loro nell’aldilà. Il rito funebre nasce proprio per questo, esso è visto all’inizio con lo scopo di rompere drasticamente il legame tra il defunto e le vita sulla terra ed impedire un ritorno in “vita” dell’estinto.
Una della tante credenze è quella legata alla nutrizione del morto, infatti si credeva che anche nell’aldilà il defunto dovesse nutrirsi e se non avesse trovato agevolmente cibo sarebbe ritornato sulla terra alla ricerca dello stesso.
Proprio per questo motivo spesso le tombe venivano provviste di cibi reali o simbolici come raffigurazioni o semplice vasellame o ancora grano e cereali. Nell’antica Grecia troviamo molte tradizioni che riferiscono di banchetti tenuti sulla tomba del morto in modo da “alimentare” e “nutrire” il cadavere, pratiche di cui troviamo ancora traccia nel 1700 nel “de masticatione mortuorum in tumulis” di M.Raufft o in altre strane tradizioni ancora presenti come l’usanza nel caso di recenti lutti in famiglia, di occupare tutti i posti a sedere durante feste o banchetti, in modo che il morto non potesse trovare posto per la sua presenza, oppure di offrire un pranzo o la cena ai convenuti al funerale del defunto, o ancora le tradizioni che ritroviamo in molti paesi del sud Italia e in particolare di Lucania ,Puglia o Calabria ove si usa porre sul davanzale delle case, nel giorno dei morti.
Un’altra strana credenza legata sempre all’alimentazione del defunto è quella che essi si cibassero di carne umana e da questa al sangue il passo diventa breve.
“non ti nutrirai del sangue perche’ il sangue e vita: e tu non devi mangiare la vita insieme alla carne” Deuteronomio XII-23
“soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue .Del sangue vostro, anzi, ossia della vostra vita,io domanderò conto” Genesi IX-4
Altra interessante usanza per impedire ad un morto di resuscitare era quella di deporlo a faccia in giù nella tomba con un gran masso su di esso. In questo senso sono state fatte interessantissime ricerche dalla Dott. Anastasia Tsaliki1 che si occupa proprio di sepolture “fuori dal comune”, come quelle ritrovate a Cipro e datate circa 7000-2500 a.C. ove i cadaveri sono stati ritrovati in piccole tombe deposti in posizione contratta schiacciati da lastroni di pietra o ancora alcune volte decapitati, in modo da impedire in ogni modo il ritorno alla vita.
Sepolture simili le abbiamo ritrovate anche in Italia, a Trani, in località “Capo Colonna” databili IX-VIII sec. a.C.
Sono state ritrovate due sepolture, nella prima era deposto un individuo in posizione inginocchiata schiacciato da un enorme masso posto alle sue spalle, mentre nella seconda tomba molto più grande, son stati trovati tre defunti anch’essi schiacciati con più massi.
Da questo tipo di tradizioni potremmo quasi avanzare una ipotesi curiosa, forse le lapidi che oggi si usa porre al di sopra delle tombe potrebbero essere un antico retaggio culturale proveniente proprio da queste usanze, da antichi timori dell’uomo mai veramente sopiti.
Numerose comunque erano le tecniche usate per evitare la venuta dei revenants, molto spesso i cadaveri venivano deposti con mani e piedi legati, i cui segni poi sono facilmente interpretabili da analisi in laboratorio sulle loro ossa, altra interessante tecnica era quella di “inchiodare” il morto, e così a Chalkidiki, in Grecia, è stato trovato un cadavere con un cuneo bronzeo in fronte o ancora da scavi effettuati nel castello di Lamia, e’ stato rinvenuto un scheletro inchiodato da tre elementi in ferro. Il ritrovamento farebbe sorgere anche delle strane interrogazioni sull’etimologia del paese, infatti i “Lamia” (poi tra i romani chiamate Empuse) erano antichi vampiri, per lo più raffigurati come donne e immaginate metà umani e una metà animali.
Altro interessante rituale era poi la frattura delle dita delle mani o l’estrazione di un dente effettuata sul corpo del cadavere. Questo tipo di riti venivano spesso utilizzati nelle iniziazioni ove bisognava realizzare una finta morte in modo che poi l’iniziando potesse risorgere a nuova vita: illuminato. Ebbene, queste tecniche per realizzare una morte simbolica venivano utilizzate anche per generare una ulteriore morte nel defunto, a Trani ad esempio sono stati ritrovati i cadaveri senza l’incisivo, il che appunto farebbe pensare proprio a un rituale come quello precedentemente descritto, una credenza non ancora del tutto dimenticata dato che, nel folklore popolare sognare la caduta di un dente significa perdita di una persona viva e dunque un presagio di morte, una morte simbolica che affonda le sue radici in antichi timori che accompagnano l’uomo fin dai primordi.


Fonti:
1 Bioarchaeologist, Dept. of Archaeology, Science Site, South Road, University of Durham, Durham DH1 3LE - UK.
2 Andrea Romanazzi

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