lunedì 18 marzo 2013

Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega:



Z - come Zoolatria


Negli studi religiosi, è definita come "culto degli animali", proprio di religioni primitive o antiche (soprattutto quella dell’antico Egitto). Il culto degli animali può assurgere a un qualche valore di categoria religiosa solo là dove gli animali, manifestando in misura particolare il ‘divino’, sollecitano un rapporto religioso altrettanto particolare, ciò che avviene segnatamente nelle civiltà arcaiche di cacciatori. In alcune di queste infatti si ha una vasta gamma di realtà e figure sovrannaturali che vanno dall’anima del singolo animale ai signori e proprietari delle specie o delle sfere naturali entro le quali si muove la fauna (foreste, montagne ecc.).
Nei vari culti come anche in Grecia ci sono figure che intraprendono questo percorso, come ad esempio le "Sirene" , e in tante altre culture, ma forse ritroviamo questa caratterista più pronunciata nelle culture Egizie.

La tradizione religiosa più antica dell'Egitto, prima dell'unificazione, quando le popolazioni erano frammentate in tante tribù, era incentrata sull'adorazione di animali totemici come il coccodrillo, l'ibis, lo scarabeo e tanti altri. Le varie tribù avevano le proprie divinità legate al ciclo della natura, ognuna con i propri totem e i propri feticci. In questo periodo è la zoolatria il carattere prevalente della religione: gli dei sono rappresentati come animali, e gli animali stessi sono adorati e divinizzati.
Dopo l'unificazione, il carattere antropomorfico delle divinità si fonde con quello zoolatrico: gli dei sono per lo più raffigurati come ibridi di figure umane dalla testa animale.
Queste rappresentazioni mostruose, nel senso soprannaturale del termine, non sono collegate a connotazioni negative.





La produzione mitologica di figure umane incrociate con elementi ferini è molto antica e molto diffusa in innumerevoli popolazioni. Di solito l'elemento ferino conferisce alla figura umana la forza, l'agilità, l'astuzia, l'abilità attribuite di volta in volta all'animale. Quest'ultimo, in questo modo, se inizialmente era adorato così come si presentava in natura, successivamente viene innestato su una figura umana e in questo modo esaltato al massimo grado come vera e propria divinità.
Non tutte le divinità egizie avevano queste caratteristiche, spesso erano legate ad elementi naturali come il Sole, la Luna, il Nilo e così via, in ogni caso la commistione di elementi umani e animali nella rappresentazione religiosa rimane il carattere prevalente.

Tra gli dei più celebri e diffusi si possono ricordare la vacca Hator, raffigurata come una donna dalle orecchie di vacca, o con le corna. Thoth, il dio lunare, era raffigurato con la testa di ibis, inventore dei geroglifici e protettore dei testi magici e della sapienza. Anubi, figlio di Iside e di Osiride, dio e guida dei morti, nell'iconografia è rappresentato da una figura umana con la testa di sciacallo. Bast (o Bastet) era raffigurata con corpo di donna e testa felina, adorata come leonessa durante l'Antico Regno e, successivamente, come gatta. Durante la XXII dinastia fu elevata a divinità suprema ed ebbe il suo centro di culto nella città di Bubasti dove le venivano offerte numerose statuette bronzee a forma di gatta. Questo animale a lei sacro era tra i prediletti degli Egizi e dopo la morte veniva spesso sepolto con onore e talvolta posto in un sarcofago. Bes era una divinità minore raffigurata con le fattezze di un nano e con il volto scimmiesco, che proteggeva le nozze e la nascita ed era anche il tutore della musica e della danza.

C'erano poi i demoni che erano situati a un livello gerarchico inferiore rispetto a quello delle divinità ed erano ugualmente rappresentati con tratti animaleschi. Ammut, per esempio, era raffigurato come un incrocio tra un leone ed un ippopotamo e sbranava i defunti che venivano riconosciuti colpevoli nel tribunale dell'oltretomba.

Infine, a proposito delle commistioni tra uomini e animali, non si può fare a meno di ricordare la sfinge, creatura di sesso maschile con corpo leonino e testa umana. Nell'Antico Regno era spesso raffigurata con il volto del faraone di cui impersonificava la forza e la potenza. Erette per lo più nelle vicinanze dei templi, delle tombe e dei palazzi, spesso in lunghe file che costeggiavano le strade di accesso, le sfingi avevano la funzione di custodire e proteggere questi edifici. La più famosa è la gigantesca sfinge presso le piramidi di Giza, alta 20 metri e lunga poco più di 73.



Fonti:
Treccani
Antonio Zoppetti

domenica 3 marzo 2013

Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega:



Y - come Yule


ca. 21 Dicembre


La notte sovrasta il giorno, al Solstizio d’Inverno il Sole raggiunge il punto massimo al di sotto dell’equatore celeste e le ore di luce non saranno mai così poche in tutto l’anno.

Un altro punto centrale nella ritualistica antica è proprio il Solstizio d’Inverno, attorno a questo giorno tutte le popolazioni precristiane (e anche quelle cristiane) celebravano festività di vario genere tutte però con un unico fondamento. La Rinascita del Sole come Divinità.

In questo giorno la Dea Terra da alla luce suo figlio il Dio Sole, generalmente da una grotta o da un tumulo, quindi dall’oscurità, che rappresenta il mondo dei morti celebrato durante la festività di Samhain, come è stato detto, infatti, questa festività conclude il trittico Mabon – Samhain – Yule, vita e morte – riposo – rinascita.

A partire dal Solstizio d’Inverno si passa dalla fase calante dell’anno alla fase crescente, nei miti nordici questo passaggio è rappresentato dall’eterna lotta tra il Re della Quercia, sovrano della parte crescente dell’anno, e il Re Agrifoglio, regnante della parte calante dell’anno. Lo scontro tra i due Re avviene durante i Solstizi, come poi sarà visto a Litha, avviene lo scontro tra il Re dell’Agrifoglio, che ha regnato nei sei mesi passati, e il Re Quercia che sconfiggendo il primo regnerà sulla fase crescente della Ruota, mentre durante il Solstizio d’Estate il Re Quercia muore per lasciare posto al Re Agrifoglio,

Così anche in questa festa il sacrificio del Re Agrifoglio permetterà che la Ruota dell’Anno giri inesorabilmente e possa in tal modo rigenerare la Terra con il calore e le energie del Giovane Dio Sole pronto a fecondare la Madre/Amante nei mesi che seguono al Solstizio d’Inverno. Anche in questa festa cui il Sole torna vittorioso sul suo carro sono presenti, comunque, i temi trattati in tutte le feste, la vita, la morte e la rinascita.

Molti sono i miti legati a questa festività, nell’antica Roma nei giorni intorno al Solstizio d’Inverno si celebravano i Saturnali, giorni in cui il mondo era retto dal Dio Saturno, fin quando Zeus il 23 Settembre lo sconfigge e il Sole ricomincia a splendere, erano feste piene di vino e orgie. Altra tradizione legata al mondo Classico celebrava la morte e la rinascita di Dioniso anche in questo caso con feste decisamente portate alla perdizione, dal punto di vista moderno.

Nelle isole Britanniche nasceva Lugh da un tumulo eretto a Newgrange in Irlanda e proprio il giorno del Solstizio d’Inverno un raggio di sole colpiva l’ingresso del tumulo illuminando la stanza interna.

Nella Roma imperiale il 25 dicembre era dedicato al Sole invincibile, infatti l’imperatore Aureliano stabilisce per questa data il Dies Solis Invictis per celebrare la potenza del Sole sull’intero cosmo. Il 25 Dicembre era anche la nascita di Mithra Divinità molto vicina al mondo militare e Dio che faceva da tramite tra il mondo umano e quello Divino.

Il 23 Dicembre Iside dava alla Luce Horus, divinità che rappresentava dapprima il Sole poi a seguito del combattimento avuto con lo zio Seth anche la luna.

Papa Giulio I per festeggiare Gesù come “sole di giustizia” e per far fronte alla forza delle tradizioni antiche stabilisce (tra il 337 e il 352) la nascita di Cristo il 25 Dicembre.

Moltissime sono anche le tradizioni legate a questo giorno, alcune delle quali sono arrivate fino a noi, la più conosciuta è sicuramente l’albero di natale, probabilmente ripreso da M. Lutero e giunto a noi quale strumento di celebrazione del natale, in realtà fin dall’antichità si addobbavano alberi per il periodo solstiziale in modo da celebrare con candele e frutti secchi la rinascita del Sole. Altra tradizione era quella del ceppo di Yule, un pezzo di albero portato la sera della vigilia e fatto bruciare tutta la notte dopo che, solitamente, il membro più giovane (il giovane Dio Sole) della famiglia lo accende.

Un'altra tradizione riguarda la bambola del grano fatta a Lammas, in questo giorno in alcune zone la bambola veniva bruciata nel caminetto per propiziare un raccolto migliore dell’anno precedente.

Un’ulteriore usanza che ci arriva dall’antichità è lo scambio di doni, in passato infatti era d’uso regalare delle candele che rappresentassero la nascita del nuovo Sole e propiziare salute e prosperità a chi la si regalava. Col passare dei secoli questa tradizione si è poi mutata nel consumistico sistema attuale.



RE AGRIFOGLIO



Fin dai tempi più antichi i popoli pagani hanno prestato grande attenzione e interesse per il ciclo stagionale dell'anno, che si alternava e ripeteva continuamente in un eterno ciclo di Vita, Morte e Rinascita. Questo perché la loro vita dipendeva essenzialmente da essi e conoscerli permetteva loro di conviverci, di sfruttarne le qualità ma, soprattutto, di riuscire a coltivare la terra per nutrirsi, rispettando i tempi adatti per la semina, la crescita, il raccolto e il riposo. Ci sono diversi miti e leggende che riguardano questi cicli legati a solstizi ed equinozi, tutti simili per un aspetto: i due archetipi opposti (Vita e Morte, Luce ed Ombra, Estate e Inverno) che combattono una lotta eterna.[Image]Albero simbolo del Solstizio d’Inverno, l’agrifoglio è anche legato alla parte calante dell’anno, quella che dal momento di maggior splendore del Sole porta al momento più buio e freddo. Esso rappresenta il Vecchio dell’anno passato, il Re Agrifoglio dalla lunga barba bianca e dal sorriso radioso che a seconda delle tradizioni assume nomi diversi. (Notare che anche Babbo Natale porta un rametto di agrifoglio sul berretto).Le prime tracce del Re Agrifoglio risalgono al XII Secolo, dove lo troviamo come “l'Uomo Verde”. In molte località dell'Europa è ancora usanza accendere falò di querce per celebrare il 'passaggio' di metà inverno (21 dicembre). In alcune tradizioni, la quercia è il re della metà crescente dell'anno (durante la quale il giorno si allunga), e l'agrifoglio è il re dell'altra metà. Una credenza di origine sconosciuta ancora molto diffusa nelle campagne delle isole britanniche vede nell'agrifoglio la personificazione delle forze maschili della natura e nell'edera quella delle forze femminili. Tagliando le siepi, molta gente, soprattutto nel Galles, fa attenzione a non danneggiare gli alberi di agrifoglio.
Una ballata medievale dell'Inghilterra, dove l' agrifoglio è ancora il sempreverde più utilizzato a Natale, dice: "Chi parla male dell'agrifoglio", in un baleno verrà impiccato. Alleluia!" Nella tradizione pre-cristiana, l'agrifoglio non viene citato spesso, se si eccettuano quei documenti che contengono le formule magiche dei dottori sciamani-erboristi anglosassoni. Un manoscritto, ad esempio, riporta un rimedio per lo stomaco che veniva preparato bollendo frammenti di foglie nel latte fino a farli diventare teneri. Tre frammenti andavano mangiati di mattina e tre di sera dopo i pasti (il numero tre ricorre spesso, in quanto numero sacro per il Piccolo Popolo).
A rappresentare le forze opposte che si combattono nel ciclo stagionale sopravviventi ancora oggi, troviamo il Re Quercia e il Re Agrifoglio. Questi Re si sfidavano due volte l’anno, per ogni anno, e uno dei due veniva alternativamente sconfitto dall’altro, che otteneva così la vittoria e la supremazia sulla Terra fino alla sfida successiva.
Questi scontri avvenivano nei due momenti del ciclo annuale in cui il Sole era al suo massimo e al suo minimo splendore, ovvero durante i solstizi, simboli della massima potenza di una forza sull’altra, ma allo stesso tempo dell’inizio del suo decadimento.
Il Re Quercia rappresenta quindi la forza positiva e l’azione e, sconfiggendo il Re Agrifoglio al solstizio d’inverno, assicura la rinascita della luce fino al solstizio d’estate, il suo massimo splendore; il Re Agrifoglio, invece, rappresenta la forza negativa e la passività e, sconfiggendo il Re Quercia al solstizio d’estate, assicura il ritorno dell’oscurità, la morte apparente della Natura e il suo riposo, fino al solstizio d’inverno.
Entrambe queste figure sono indispensabili e necessarie e non potrebbe mai esservi la vittoria definitiva di un Re sull’altro perché questo comporterebbe senz’altro la distruzione del mondo. Ciò che invece è importante è l’equilibrio perfetto tra le parti.
Essi sono luce e buio, gemelli e parte l’uno dell’altro, ma in eterna lotta. Ed è proprio questa lotta tra i due opposti, questa tensione che si crea tra le due parti, che produce il cambiamento, la trasformazione e la generazione di nuova vita da parte della Madre Terra.
In questa, come in molte altre interpretazioni mitologiche del ciclo della fertilità, si trovano costantemente i sacrifici di figure di re o di divinità maschili che, tra l’altro, nei tempi più antichi, venivano applicate nel vero senso della parola quando un uomo, che spesso era veramente un re o un esponente della tribù, si faceva immolare in nome di un Dio, diventando in questo modo il Dio stesso. Raramente, però, si trovano sacrifici da parte di una qualche divinità femminile. La Dea, infatti, è eterna e senza tempo, e veglia sui combattimenti delle due forze semplicemente mutando il suo aspetto in base a chi conquista la momentanea vittoria.
Questo triangolo divino, tra due forze che si contendono il regno e il favore della Dea, e la Dea stessa, viene spiegato chiaramente nei miti della cultura celtica.
Per la concezione celtica il Tempo, inteso come il succedersi lineare di giorni, anni e millenni, sarebbe dominato dal principio del Dio, che interpreta il ciclo stesso di Vita, Morte e Rinascita venendo alla luce dal grembo della Dea, vivendo al suo fianco e morendo tra le sue braccia, per poi rinascere di nuovo dal suo grembo; ciò che sta al di là del Tempo, e che quindi è eterno, invece, sarebbe dominato dalla Dea, che presiede ai cicli e non muore mai -non per altro l’Altromondo, il luogo oltre le nebbie che si raggiunge dopo la morte e in attesa della rinascita, è la dimora della Dea. La divisione del ciclo annuale in due parti, ovvero quella attiva e quella passiva, sono rappresentate da due volti del Dio stesso, Cernunnos e Maponos, ai quali la Dea dona alternativamente le sue attenzioni. Il primo rappresenta il Dio dell’Inverno, più maturo e silenzioso, ma di grande saggezza; il secondo il Dio dell’Estate, più giovane e affascinante, brillante e forse più impulsivo, ma di grande passione.
In ogni ciclo Maponos conquista l’amore della Dea, con cui si unisce nella festa di Beltane, e poi, a Samhain, muore, portando con sé il calore e la luce. Da quel momento in poi la Dea torna dal suo primo amante Cernunnos e, al suo fianco, nell’apparente morte dell’anno, Ella rinnova la Terra. Dal suo ventre però Maponos rinasce in inverno e dà inizio ad un nuovo ciclo.
La Dea è quindi la Regina, la Sovranità che accorda il suo favore ad uno o all’altro Dio, permettendo così che si crei il movimento e l’equilibrio adatto perché la vita possa esistere.
La differenza che si può notare tra le prime due figure di archetipi divini, il Re Agrifoglio e il Re Quercia, e le altre due, Cernunnos e Maponos, ovvero il Re dell’Inverno e il Re dell’Estate, è il momento in cui questi re conquistano il favore della Dea e il regno sulla terra. I primi due infatti si combattono durante i solstizi e portano la loro influenza, negativa o positiva, in modo graduale, iniziando proprio nel momento in cui il loro opposto è al pieno della sua potenza, mentre gli altri due si presentano attivamente quando il mondo materiale e quello spirituale sono più vicini e i risvolti delle stagioni sulla terra sono già visibili, a Samhain e a Beltane.
Questa differenza è tuttavia un punto abbastanza trascurabile e secondario, mentre l’importanza principale va data alle forze opposte, quale che sia il nome che si voglia dar loro, e a ciò che crea il conflitto fra esse e il passaggio dall’una all’altra, interazioni peraltro appartenenti non solo alla terra e ai suoi cicli di fertilità ma anche a noi stessi. Noi, infatti, cercando l’armonia con le piccole e grandi forze del mondo esteriore scopriamo che il nostro mondo interiore non è poi così diverso e che ogni sua parte va apprezzata sempre. Solo così facendo si scoprirà che trovare l’armonia con i cicli della terra può anche avvicinare alla conoscenza e all’armonia dei nostri cicli interiori. Un gran passo per il nostro benessere sia fisico che spirituale.


AGRIFOGLIO



La pianta di Agrifoglio
L'usanza di decorare la casa con ramoscelli di pungitopo e di agrifoglio è una delle più antiche tradizioni. Si credeva che le foglie acuminate e pungenti come armi di difesa avessero il potere di scacciare gli spiriti maligni. I rami di agrifoglio hanno una loro Lstoria. I romani usavano regalarlo agli sposi novelli in segno di augurio e di simpatia. Quando invasero la Britannia, essi stupirono di notare che l'agrifoglio era considerato pianta sacra.
I Druidi appendevano rami di agrifoglio nelle loro abitazioni per onorare con amore gli spiriti della foresta, e dopo di loro questa usanza continuò ad essere rispettata, con l’intento di allontanare sortilegi e fulmini, di propiziare la fertilità degli animali e della terra, e soprattutto la protezione dalle presenze malevole e dalla sfortuna.
Le spine appuntite delle sue foglie, infatti, mostrano senza alcun dubbio la sua funzione di difesa naturale, di combattività verso ciò che è pericoloso o ostile, di reazione attiva agli stati d’essere negativi.
I fiorellini bianchi dell’agrifoglio, appesi alla maniglia della porta di casa, si credeva ostacolassero l’entrata di persone o entità dannose, e questa forza magica si pensava fosse ancora più forte e potente se la porta stessa fosse stata costruita con il suo legno duro e resistente. Soprattutto durante le feste del Solstizio e del Natale una simile protezione sarebbe stata auspicabile, dato che in tal periodo i folletti del bosco si sbizzarriscono e sono molto più dispettosi del solito, con i loro scherzi e le loro malefatte.
In Irlanda, se si ricevevano rami d’agrifoglio prima del Solstizio, questi venivano spazzati fuori subito dopo il Solstizio stesso, poiché non era di buon auspicio conservare le cose dell’anno vecchio, ed inoltre in tal modo si spazzava via tutto ciò che apparteneva al passato, potendo poi cominciare un nuovo ciclo più leggeri e con lo sguardo rivolto non indietro, ma avanti a sé.
Come accennato, l’agrifoglio era connesso anche alla Fortuna che poteva pervenire dei regni sottili. Questa sua magica caratteristica compare in una delle antiche leggende irlandesi appartenente al Ciclo di Finn McCumhail, nella quale si racconta che le tre figlie di Conanan possedevano tre fusi costruiti con il suo legno. Su di essi le tre Donne avevano posto matasse di filo fatato ed avevano filato la sorte di Finn e dei suoi guerrieri, provocando il loro imprigionamento e forse, con esso, una delle prove che essi avrebbero dovuto superare.
In questo senso, l’agrifoglio risulta essere vicino alle sacre Filatrici del Destino, nonché loro stesso strumento per determinare la sorte degli uomini posti sotto la loro protezione.
Sempre tra i celti, con il legno dell’agrifoglio si costruivano le lance e gli scudi dei guerrieri. Anche in questo caso appaiono chiaramente le funzioni di attacco alle forze ostili e, al contempo, difesa da esse, esercitate dalla pianta e probabilmente resi ancor più potenti ed efficaci dai suoi influssi sottili.
Anche i neonati potevano essere protetti da questo magico arbusto; per questo venivano spruzzati con l’Acqua di Agrifoglio, preparata come infuso delle foglie oppure come distillato.
Infine, pare che un antico incantesimo usasse l’agrifoglio per attirare i desideri del cuore. Se ne dovevano raccogliere nove foglie da una pianta non troppo spinosa, dopo la mezzanotte di un venerdì, nel più completo silenzio. Le foglie dovevano essere avvolte in un panno bianco, alle cui due estremità si dovevano fare nove nodi. Il sacchettino andava quindi riposto sotto al cuscino e ciò che si sarebbe intensamente desiderato, poggiandovi sopra la testa, si sarebbe presto avverato. Quando Colombo scoprì l'America, trovò che gli indiani tenevano in gran conto le piante di agrifoglio; se ne fregiavano come di un distintivo di coraggio durante le battaglie; ne piantavano arbusti davanti alle capanne per tenere lontano gli spiriti maligni, bevevano decotti di foglie e di bacche per acquistare forza. Anche il maté, la più diffusa bevanda dell'America meridionale, é preparata con foglie di agrifoglio; ha proprietà stimolanti perché contiene caffeina in quantità superiore a quella del caffé. Quanto alle bacche rosse, esse sono uno dei cibi preferiti dal pettirosso.L’agrifoglio infatti possiede una scarsa tossicità che ne permette l’utilizzo curativo, ad eccezione delle sue bacche che, sebbene anticamente usate, sono velenose per l’uomo in quanto provocano forte diarrea e vomito.Le foglie, invece, usate in infusi, decotti, vini medicinali o sciroppi, sono un rimedio ottimo contro reumatismi e artrite, nonché contro l’influenza, la febbre e la tosse forte e persistente.
Anche la corteccia, in modo simile alle foglie, abbassa la temperatura corporea e, inoltre, calma i disturbi legati al fegato.


IL NUOVO SOLE


Le giornate cominciano già ad accorciarsi in modo visibile dal 13 dicembre, giorno dedicato non a caso a Santa Lucia: nonostante l'agiografia non faccia alcun cenno alla questione, ella viene simboleggiata con gli occhi su un piattino ad indicare il suo legame con la luce (Lux - Lucia), come ricorda anche la tradizione col proverbio:
da Santa Lucia a Natale il dì s'allunga quanto un passo di cane.

La stagione buia era estremamente temuta nelle culture rurali: intanto bisogna tener conto della scarsità delle risorse alimentari disponibili in questo momento dell'anno. Senza i supermercati, con la terra gelata e fredda e le piante ritirate in se stesse per difendersi dal gelo non restano che cavoli, coste e le scorte fatte durante l'estate.
Il buio stesso è motivo di timore.



Come si può ben immaginare il ritorno della luce significava il ritorno alla speranza, al cibo, al calore, alla vita.
Giungere al Solstizio, superare la Candelora erano evidenti segni di poter sopravvivere anche quell'anno alla ciclica "morte".
Non a caso innumerevoli nascite miracolose e divine vennero collocate in questa data, maschili e femminili:


1. Dionisio o Bacco o Libero dio del vino della gioia e delle orge di Grecia e Roma.

2. Sol Invictus del Vicino Oriente e di Roma, Mithras di Roma, nato in una grotta (da una roccia), culto dei militari e quindi diffuso in tutti gli angoli dell'impero dalle legioni (diverso dal Mithra di Persia nato da una vergine morto e risorto, sembra dopo tre giorni), e diverso da Mitra indiano dio della luce e del giorno poi, sempre nati insieme all'allungarsi delle ore di luce ci sono : Adone (o Adonis) di Siria, e forse anche il suo corrispondente di Frigia.

3. Attys, nato da una vergine, morto a titolo di sacrificio, e che inoltre risorge il 25 Marzo in corrispondenza anche di data, oltre che di significato, col periodo della pasqua.

4. Atargatis di Siria, grande dea madre, dea della natura e sua rinascita, chiamata dai romani anche Derketo e dea Syria (la sua festa risulta al 25 Dicembre, quasi con certezza come data di nascita)

5. Kybele (o Cibele) dea della Frigia amata da Adone (il 25 Dicembre era festeggiata insieme ad Adone: ma che tale data fosse considerata la nascita in questo caso non è certo, è solo presunto).

6. Astarte (o Asteroth) della Fenicia, dea suprema, nonché dea della fecondità e dell'amore. Venerata anche dal re Salomone a Gerusalemme (la sua festa risulta al 25 Dicembre, quasi con certezza come data di nascita). Anche essa scese agli inferi e risorse.

7. Il dio solare babilonese Shamash del Vicino Oriente.

8. Il dio sumero Dumuzi (o Tammuz) la cui morte periodica rituale corrispondente a quella di Adonis era pianta anche alle donne ebree (Ezechiele VIII,14).

9. Krishna, (attualmente il dio più importante dell'India) che inizialmente appare nel testo sacro Mahabarata come reincarnato dal dio padre Visnù come un uomo eroico o semidio, e poi si rivela come dio. Era venuto al mondo per riconquistarlo dai demoni. (Notate qualche parallelismo?). Infine Krisna muore ucciso (da una freccia, non sulla croce), ma rinascerà anche lui e come babbo natale porta doni nel cuore della notte.

10. Joshua Ben Josef (Gesu' il Nazireo/nazareno, Galileo, detto il Cristo e Salvatore)

11. Baldur in Scandinavia.

12. Freyr in Scandinavia.

13. Bacab dio dei Maya dello Yucatan (attuali Guatemala e Messico Sud Est).

14. Huitzilopochtli

15. Quetzocatl entrambi del Messico centrale azteco.


La nascita del Dio o della Dea cadeva dopo i giorni bui del solstizio attorno al 21 dicembre.
Dato il moto apparente del sole il buio pareva regnare per tre giorni circa: il 25 dunque la luce tornava - e torna - vittoriosa a trionfare e la consapevolezza condivisa indicava che il ciclo era rinnovato.

Nella nostra cultura il Natale indica la nascita di Gesù Bambino che, secondo la tradizione, avviene proprio questo giorno, appena dopo la mezzanotte.
Come abbiamo visto la data era già usata sin dagli albori della civiltà.
A Roma la festa del 25 dicembre fu introdotta ufficialmente da Aureliano nel 273 d.C. per festeggiare il Dies Natalis Solis Invicti, la festa dedicata alla nascita del Sole (Mitra) e solo nel III secolo fu sostituita dalla ricorrenza cristiana.

Ma il legame con l'antico mondo agricolo e pagano rimaneva con le festività dei Saturnalia, che dal 17 al 23 dicembre venivano allestite in onore di Saturnus, dio della semina e del grano.

Durante il primo giorno la cerimonia si svolgeva presso il tempio dedicato al dio con un sacrificio ed un banchetto.
Dal 17 iniziava un periodo di vacanza: era il periodo più allegro dell'anno e nelle famiglie si scambiavano doni e biglietti di auguri, proprio come si usa ancora oggi.
Si facevano grandi banchetti, si rovesciava il rapporto tra schiavi e padroni e veniva permesso anche il gioco d'azzardo. Veniva eletto per scherzo un re: il princeps saturnalicius (fonte: Maat).

I Saturnalia si collocavano nel periodo di riposo dai lavori agricoli e probabilmente la festa induceva la comunità a riunirsi e quindi a condividere il rigore invernale irrorandolo della gioia e allegria tipica del mondo pagano.

La festa, dedicata a Saturno quale dio della fertilità, serviva anche ad augurare la fecondità della terra.
Nella corrispondenza greca Saturno era identificato con Crono, patrono della mitica età dell’oro: così i Saturnali celebravano anche il ricordo della mitica era primordiale in cui si riteneva che la proprietà delle terre e dei beni fosse comune e che non esistessero né il lavoro né i conflitti sociali né la guerra, età che ricorda gli studi di Marija Gimbutas - archeologa - sul culto della Dea presente nelle società umane dal tardo Paleolitico e lungo tutto il Neolitico e la cui ultima rappresentazione storica fu Creta.

Forse a ricordo del legame col femminile veniva festeggiata anche Opi o Ops, moglie di Saturno e dea del raccolto e dell'abbondanza. Alla sua protezione era affidato il grano mietuto e riposto nei granai e proprio durante i Saturnali si festeggiavano le Opalie il 19 dicembre, a lei dedicate.
L'altro momento dell'anno in cui Opi veniva onorata era il 25 agosto, nelle Opiconsivie. Questa data rappresenta un'altra porta dell'anno dedicata al raccolto: si festeggia infatti l'Assunzione di Maria Vergine ma anche il Grande Sabba del raccolto chiamato, secondo la tradizione celtica, Lammas o Lughnasad (1 - 15 agosto).
Opi viene raffigurata con una cornucopia, sebbene nella scultura del Bartolomeo poco sopra riportata la vediamo tenersi i seni, proprio come l'antica Inanna osava fare, in segno di fecondità.

L'ABETE

tratto da Calendario, Alfredo Cattabiani



Fin dall'antico Egitto l'abete fu considerato un albero della Natività, non meno antico della palma, perchè era la pianta sotto la quale era nato il dio di Biblos, il prototipo dell'Osiride predinastico egizio.

In Grecia l'abete bianco o elàte era sacro alla dea Artemide, cioè alla luna, protettrice delle nascite, in onore della quale, nelle feste dionisiache, se ne sventolava un ramo con una pigna sulla punta, intrecciato con un tralcio di edera.
Portava lo stesso nome dell'abete bianco Elàte, la dea della luna nuova, detta anche Kaineìdes, da kainìzo, rinnovare, recare cose nuove.

Un giorno, narra un mito, la ninfa Kaineìdes, figlia di Elato il Magnesio, o secondo altri mitografi di Corono il Lapita, fu posseduta da Poseidone che, soddisfatto, le chiese cosa desiderasse come dono d’amore: “Trasformami in un guerriero invincibile, sono stanca di essere donna”.
Kaineìdes divenne così il guerriero Kaineùs, che condusse più volte alla vittoria i Lapiti fino ad essere proclamato loro Re.
Inorgoglito da suo potere, Kaineùs piantò una lancia di abete nel mezzo della piazza del mercato costringendo tutti ad offrirgli sacrifici, quasi si fosse trattati di una divinità.

Zeus, sdegnato dalla sua presunzione, indusse i Centauri a ucciderlo.
Durante le nozze di Piritoo, essi assalirono il guerriero, che ne uccise facilmente cinque o sei senza riportare nemmeno un graffio, perché le armi degli assalitori scivolavano sulla sua invulnerabile pelle.
I Centauri superstiti cambiarono allora tattica e percossero Kaineùs sul capo con tronchi di abete fino a stenderlo a terra; poi lo ricoprirono con una catasta di altri tronchi soffocandolo. A quel punto un uccello grigio volò via dalla catasta.
L'indovino Mopso, che aveva assistito alla scena, disse di aver riconosciuto in quell’uccello l’anima di Kaineùs.
Al termine delle esequie si scoprì che il corpo del guerriero aveva riacquistato forme femminili.

Il mito adombra probabilmente un rito primaverile in onore della Grande Madre, che doveva consistere nell'innalzamento di un abete nella piazza del mercato e in una cerimonia rituale in cui uomini nudi, armati di magli, percuotevano sul capo un'effige della Madre Terra per liberare lo spirito dell'anno nuovo.

L'abete, insieme con la betulla, viene considerato fra le popolazioni dell'Asia settentrionale un albero cosmico che si erge al centro dell'universo.

Secondo gli altaici, sull'ombelico della terra spunta l'albero più alto, un gigantesco abete i cui rami si innalzano fino alla dimora di Bai-Ulgän, la divinità protettrice, collegando le tre zone del cosmo: cielo, terra e inferi.
Secondo gli Ostìachi-Vasjugan la sua cima penetra nel cielo mentre le radici affondano negli inferi.
I Tatari sostengono che una coppia dell'Albero celeste si trova nell'inferno: un abete con nove radici si erge davanti al palazzo di Irle Khan, il re dei morti (...).

Nel calendario celtico l'abete era consacrato al giorno della nascita del Fanciullo divino: giorno supplementare che seguiva il solstizio d'inverno.

Il legame fra l'albero e il solstizio è documentato anche nei paesi scandinavi e germanici, nei quali, nel Medioevo, poco prima delle feste solstiziali ci si recava nel bosco a tagliare un abete che, portato a casa, si decorava con ghirlande, uova dipinte e dolciumi. Intorno all'albero si trascorreva la notte allegramente (...)
(tratto da: Calendario, Alfredo Cattabiani, pag 72 e seg.).

Cattabiani ricorda ancora che nei paesi latini l'albero di Natale ritorna come usanza solo nel 1800 quando la principessa Elena di Mecklenburg lo introdusse alle Tuileries suscitando la sorpresa della corte.


IL CIOCCO

Accanto all’abete era viva in tutta l'Europa fino a qualche decennio fa un’usanza che ora sopravvive in poche famiglie e in aree limitate: il ciocco natalizio, detto in tedesco jul e in francese calendau o chalendel con un evidente riferimento all'inizio dell'anno, ovvero al periodo
In Italia è chiamato in vari modi secondo le regioni: süc in Piemonte, zoch nel trevigiano e ceppo o ciocco nell’Italia centrale. solstiziale.
Questa antichissima usanza, diffusa in tutto il continente europeo, venne interpretata nel primo Medioevo in senso cristiano: ilsüc - come si diceva ancora all'inizio del secolo scorso nelle campagne piemontesi - era il simbolo del Cristo che si era sacrificato per salvare l’umanità, per sostenere l’uomo nel suo viaggio terreno.
Il ceppo doveva bruciare un poco ogni sera per dodici giorni, simboli dei dodici mesi dell’anno: era analogo dunque al sole che, nato al solstizio d’inverno, avrebbe nutrito la terra per un anno intero.
Per questo motivo si diceva: «Domani è il giorno del pane» e si mangiavano nel periodo natalizio, come oggi d'altronde, dolci a base di farina, fra i quali il più celebre in Italia è il panettone milanese.
L'usanza è diffusa in tutta Europa: in Francia, per esempio, si usa cuocere nelle campagne il cosiddetto pain de Calandre.
Poi se ne taglia nella parte superiore un pezzetto sul quale vengono incise tre o quattro croci: è un talismano, dicono i contadini dell'Alvernia, capace di guarire da molti mali.
Il resto del pain de Calandre viene mangiato da tutta la famiglia.
In Inghilterra i fornai regalavano ai clienti una focaccia beneaugurale, detta Christmas-batch, non diversamente da quelli lombardi che, prima della pancommercializzazione moderna, offrivano il panettone a Natale. (...)


IL RAMO DEI DESIDERI

È un rituale di tradizione celtica ..Nove giorni prima del solstizio bisogna procurarsi un ramo secco di medie dimensioni e pitturarlo con vernice dorata.
Bisogna appenderlo poi all’entrata di casa nostra di modo che ogni persona che entra potrà scrivere su dei foglietti i propri desideri, che poi legherà al ramo con dei nastri colorati.
Nove giorni dopo si accenderà il fuoco di Yule e il ramo verrà sistemato sulla legna da ardere.
I desideri, bruciando, saliranno col fumo sempre più in alto, fino a raggiungere gli Dei e, forse, verranno accolti ed esuditi.


ETIMOLOGIA YULE:

L'etimologia della parola "Yule" (Jól) non è chiara. È diffusa l'idea che derivi dal norreno Hjól ("ruota"), con riferimento al fatto che, nel solstizio d'inverno, la "ruota dell'anno si trova al suo estremo inferiore e inizia a risalire". I linguisti suggeriscono invece che Jól sia stata ereditata dalle lingue germaniche da un substrato linguistico pre-indoeuropeo. Nei linguaggi scandinavi, il termine Jul ha entrambi i significati di Yule e di Natale, e viene talvolta usato anche per indicare altre festività di dicembre. Il termine si è diffuso anche nelle lingue finniche per indicare il Natale (in finlandese "Joulu"), sebbene tali lingue non siano di ceppo germanico.
Altri Nomi: Farlas, Alban Arthuan, I Saturnali, Sol Indiges, il Dies Natalis Solis Invicti, diem octavum Kalendas Ianuarias, Geola.

SIMBOLOGIA

Luna
Fredda, Quercia, Luna delle Notti Lunghe

Simboli
Ceppo, l'albero, candele, vischio, l'edera, gli abeti

Divinità
Tutte gli Dei nascenti e del Sole, tutte le Dee Madri e le Dee triplici.

Dee
Brigid, Iside, Demetra, Madre Berta , Diana, La Grande Madre, Morrigan Brigit (entrambi Celtic), Iside (egiziana), Demetra, Gea, Pandora, Selene e Artemide (tutti e cinque i greci), Giunone e Diana (entrambi romani), Astarte (Medio Oriente), Woman Spinning (nativi americani)

Dei
Apollo, Ra, Odino, Lugh, il Re Quercia, il Cornuto, l’ uomo verde, Padre Inverno, Santa Claus, Kirss Kringle, San Nicola, Re dell'Agrifoglio, Cernunnos, Freyr, Baldur, Trundholm, Samhein, Sole-Apollo Helios ,Adonis o Adone, Saturno, Bacco, Dionisio, Giove, Zeus, Juppiter, Plutone, Hadès Osiride o Osiris, Dupljaja, Dajbog. Dei neonati, Dei Sole, Madre e Dee Dee Triple. Dei Yule comprendono Apollo (greco), Ra, Osiride, Horus (tutti e tre egiziani), Lugh (irlandese-celtica), Padre Sole (nativi americani)

Colori
Rosso, Verde, Oro e Bianco

Cibi tradizionali
Noci, frutti come le mele e le pere, Maiale, Idromele, patate, cipolle, Dolci con il cumino

Erbe
Agrifoglio, Vischio, Edera, Cedro, Alloro, Ginepro, Rosmarino, Pino, Valeriana, Mirra

Oli
Rosmarino, Mirra, Noce Moscata e Cedro

Incenso
Pino e Cannella

Animali
Cervi, scoiattoli e il pettirosso

Gemme
Quelle dal colore rosso, rubini, corniole e granato
Pianeta: Saturno

Segno zodiacale
Capricorno

Meditazioni
l'ispirazione creativa, la morte e la rinascita, rinnovamento interiore, vita nuova, la luce dalle tenebre, il ritorno del sole, i Misteri, la rigenerazione, la riflessione / introspezione, trasformazione.

ATTIVITA

Riportate tra i vostri amici la tradizione del wassail. Andate da loro e chiedere da bere in cambio di una canzone e benedicetelo quando bevete.

Bere Wassail a Yule è una delle tipiche tradizioni inglesi dai tempi dei tempi. La parola Wassail deriva da Wes Hal che significa "alla tua salute". Questa bevanda è a base di vino e/o sidro con frutta e spezie. Veniva inoltre offerto agli alberi di mele perchè continuassero a produrre i loro frutti.

Anche se cade nel momento più scuro dell'anno, Yule è un momento sacro e di pace. La concentrazione del singolo dovrebbe essere verso la famiglia, gli antenati, la pace e la serenità.
Fatevi delle domande importanti su ciò che volete ottenere con l'anno che inizia.


Bagno di Yule 

1 bicchiere di olio di mandorle
1 cucchiaio di estratto di vaniglia
1/4 bicchiere di miele
Barrette di cannella

Mischiate tutti gli ingredienti, usare 1/4 per ogni bagno


CELEBRAZIONE

Il solstizio è chiamato “la porta”, che un tempo era custodita dal guardiano Giano Bifronte che con il cristianesimo fu sostituito dai due volti di Giovanni) che sono il simbolo di una esistenza di due dimensioni, che durante i solstizi si ritrovano.
Le Pratiche:
Per addobbare la tavola usare un panno bianco, poi decoratela con sempreverdi, euforbia, rosmarino, agrifoglio, vischio e edera. Le tre candele da usare sono di colore rosso il simbolo del sangue del parto, bianche il simbolo dell’innocenza della nuova vita e verde il simbolo della crescita. L’incenso da utilizzare è composto da camomilla, zenzero, pino e salvia.
Durante questo giorno ci si dovrebbe alzare presto per poter ammirare il sorgere del sole. Per avere tanta fortuna e prosperità dovrete ungere una candela con olio di oliva e fatela passare nella camomilla secca. Accendetela e lasciatela consumare.
Dopo i festeggiamenti dovrete raccogliere tutte le decorazioni di yule che verranno conservate per IMBOLC.
Sul ceppo incidere una figura rappresentante il Sole utilizzando il coltello con il manico bianco, il Bolline e poi dargli fuoco nel caminetto.
Per il pasto di Yule preparate le bevande calde come il punch e tè di ibisco o di zenzero mentre le portate tradizionali sono le noci, le mele, i dolci bagnati col sidro, e il maiale.
Ai bambini bisogna dare un dolce di mele e arance aromatizzate con chiodi di garofano posto dentro un cesto di fronde sempreverdi e spighe di grano. Le arance rappresentano il sole, le fronde sempreverdi l’immortalità, le spighe il raccolto futuro.

RITUALE

Decorate il vostro altare con un albero o un ceppo di Yule (anche se ovviamente l'albero potrebbe dover stare per terra piuttosto che sull'altare stesso), simboli stagionali e candele.

Mettete anche dell'incenso. Incenso puro, cannella, mirra... sono tutti appropriati alla stagione; non accendetelo subito, comunque. Infine, scegliete due candele dai colori stagionali.

Se normalmente tracciate un Cerchio, fatelo ora.

Per cominciare il rituale, sedetevi sul pavimento vicino al vostro altare e non accendete ancora le candele. Prendetevi qualche minuto per pensare a come doveva essere questo periodo per i nostri antenati. Il raccolto era stato stipato e sapevano che nel giro di qualche mese le loro scorte di cibo avrebbero cominciato ad assottigliarsi. Era la stagione della Morte, quando la Terra giaceva in letargo, addormentata fino al ritorno della primavera. I nostri predecessori sapevano che nonostante l'oscurità di questa notte, presto la luce sarebbe tornata sulla Terra, e con essa nuova vita. Questa notte, il Solstizio d'Inverno, dà il benvenuto al Sole, il dispensatore primario di luce.

Accendete la prima candela, e dite: Questa è la notte del Solstizio,
la notte più lunga dell'anno. Come la Ruota dell'Anno compie un nuovo giro, io so che domani il Sole intraprenderà il suo viaggio verso di noi.
Con esso, nuova vita avrà inizio,una benedizione della Terra ai suoi figli.

Accendete la seconda candela, e dite: Questa è la stagione della Dea invernale. Questa notte celebro la festa del Solstizio d'inverno,
a rinascita del Sole, ed il ritorno della luce sulla Terra. Come la Ruota dell'Anno compie un nuovo giro, io onoro l'eterno ciclo di nascita, vita, morte e rinascita.

Accendete le candele rimanenti sull'altare, e se avete delle luci decorative, accendete anche quelle. Ritornate al vostro posto, rivolti verso l'albero o il ceppo. Sollevate le braccia verso di esso e dite: Oggi io onoro il Dio della foresta, il Re della natura, colui che governa le stagioni. Rendo grazie alla bella Dea,
le cui benedizioni portano nuova vita sulla Terra. Questo dono vi offro stanotte, mandando le mie preghiere a voi, attraverso l'aere.

Accendete l'incenso, e se volete lasciare un'offerta di cibo, pane o qualcos'altro, fatelo adesso. Mentre il fumo dell'incenso sale verso il cielo notturno, meditate su quali cambiamenti vorreste vedere prima del prossimo Sabbat. Riflettete su questo momento della stagione. Anche se l'inverno è qui, e la vita giace dormiente nel sottosuolo. Quali nuove cose vorreste veder fruttare per voi quando tornerà la stagione della semina? Come cambierete, e manterrete il vostro spirito durante i mesi freddi? Quando siete pronti, potete terminare il rito o proseguire con altri, come il Banchetto o il Far Scendere la Luna.


Fonti:
http://paganwiccan.about.com
A Witches’ Bible, di Janet e Stewart Farrar
L'enciclopedia delle piante magiche, di Scott Cunningham
Feste Pagane, di Roberto Fattore I giardini incantati, di Devon ScottIl
Tempo dei Celti, di Alexei Kondratiev
"Il libro delle streghe" di Raymond Buckland
Ed Altre fonti e miei vari appunti

Documento di Daphne VolvaRagnarok